Vavà era il meno dotato tecnicamente, ma suppliva a questa carenza con la sua generosità ed il coraggio. Il senso della posizione e la grande sintonia con Didì gli consentivano di capitalizzare al meglio la sua indole da gran finalizzatore. Didì era il registra, che sfornava prodezze tecniche come le sue proverbiali punizioni a foglia morta, il fuoriclasse che sfornava assist millimetrici e che inventava azioni impossibili. Pelè non era ancora O rey, ma un diciassettenne molto promettente dotato di un ottimo bagaglio tecnico e una spiccata vena realizzativa, tanto da esser ritenuto dai giornalisti dell'epoca considerato l'allievo del Maestro Didì. In quel 4-2-4 verdeoro schierato da Feola nel mondiale svedese del 1958 c'era anche Garrincha. Al tempo stesso claudicante ed imprendibile, con quella finta sempre uguale e sempre diversa: la fascia destra era una bella gatta da pelare per i rocciosi terzini quando il pettirosso aveva palla al piede.
Ai 'Tre brasiliani neri neri come tre chicchi di caffe' il Quartetto Cetra dedica questa canzone:
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