04 luglio 2013

Antonio Cassano, un talento sprecato

Uno dei personaggi più controversi di questi ultimi 10 anni è senza dubbio Antonio Cassano: piedi da fenomeno e testa da bambino mai cresciuto, nonostante i 30 anni ormai passati. Per avere un chiaro esempio basti prendere un video qualsiasi su youtube a testimonianza delle sue giocate e uno sulle sue varie interviste e conferenze stampa. Si parlava benissimo di quella generazione '82 nata sotto il segno del Mundialito di Spagna, il primo Mondiale vinto in epoca 'moderna' dall'Italia. Antonio nasce il 12 luglio 1982, il giorno dopo la Finale vinta contro la Germania, come se fosse la premonizione di un vincente. Eppure diamo un'occhiata al suo palmarès e notiamo una bacheca inesorabilmente quasi vuota, a dispetto del suo talento. Di sicuro nella sua collezione di perle troviamo tutta una serie di gaffe che a oggi obiettivamente superano di gran lunga il suo talento. Da tifoso milanista l'ho amato quando anche grazie ai suoi gol e assist ha permesso alla mia squadra del cuore di vincere lo scudetto. Mi è dispiaciuto quando il malore e l'operazione lo hanno messo fuori causa. Io che tanto lo avevo criticato nella sua carriera precedente all'arrivo a Milano, e tanto lo avevo apprezzato vedendolo giocare dal vivo allo stadio. Ma poi il vero Antonio Cassano è tornato, quello di Roma, quello di Madrid, quello della Genova blucerchiata: uno sbruffoncello che a 31 anni ne dimostra 13 e non ha fatto altro che sprecare il suo immenso talento, a dispetto di chi i piedi buoni non li ha nemmeno, ma nella sua carriera professionistica ha stravinto molto più di lui (mezzo scudetto al Milan e una Liga da riserva del Real).
Proprio lui che era cresciuto in un ambiente difficile come Bari Vecchia ("Se quel Bari-Inter non ci fosse stato sarei diventato un rapinatore, o uno scippatore, comunque un delinquente. Molte persone che conosco sono state arruolate dai clan. Quella partita e il mio talento mi hanno portato via dalla prospettiva di una vita di merda. Ero povero, ma tengo a precisare che nella mia vita non ho mai lavorato anche perché non so fare nulla. A oggi mi sono fatto 17 anni da disgraziato e 9 da miliardario me ne mancano ancora 8, prima di pareggiare") non ha sfruttato le numerosissime occasioni che gli si sono presentate nella vita nonostante i suoi tanti fallimenti.
Dal Bari alla Roma, dove trova Capello, uno dei migliori allenatori del mondo, con il quale riesce a litigare in continuazione ("Io e lui non andavamo mai d'accordo, al punto che una volta quando stavo alla Roma mi venne in mente un'idea che tutti e due ancora applichiamo con successo. Gli dico: "Visto che facciamo stronzate dalla mattina alla sera e ci mandiamo continuamente a quel paese, almeno mettiamoci la mano davanti alla bocca, così evitiamo che tutto il mondo veda, capisca e ci prenda per il culo". E lui quel giorno lì per la prima volta ha ascoltato me. Per la prima e unica, sia chiaro"). Poi via dalla Roma in polemica (il gesto delle corna a Rosetti, la bandierina spezzata a calci) destinazione Real Madrid. Avere un'occasione del genere e sprecarla è oggettivamente da stupidi, ma lui comunque ci riesce. In un anno e mezzo in Spagna gioca pochissimo, perde il posto in Nazionale e litiga tantissimo, sempre con Capello, di cui fa una memorabile imitazione. Cacciato dal Real non si può che scendere in basso, con rispetto parlando ovviamente, alla Sampdoria. Riporta la Samp ad alti livelli in coppia con Pazzini, addirittura ai preliminari di Champions. Ma all'apice di un ritrovato successo, proprio nell'anno della Champions insulta il presidente Garrone e viene messo fuori squadra.
E quando pensi che le tue occasioni siano finite ecco che arriva il Milan, un Milan in lotta per lo Scudetto con Ibrahimovic. Ancora una volta un'occasione d'oro. E Antonio la coglie in pieno ("Sopra il Milan c'è solo il cielo"), mezza stagione al Milan, buone prove, qualche gol, molti assist e Scudetto vinto da protagonista. A detta di chi è nel settore il Milan è la squadra perfetta per raddrizzare una testa calda come lui. Direi che solo Milan e Juve possano permettersi questo charme ("Ho rifiutato tre volte il passaggio alla Juventus. Lì vogliono solo i soldatini, sul binario, sempre dritti. Io devo andare dove mi pare anche se poi lo pago sulla mia pelle"). L'anno dopo è quello della conferma, ma dopo mezza stagione a buoni livelli lo colpisce un'ischemia. Fuori fino a fine stagione, riesce a fare giusto qualche presenza in ottica Europei. Ma forse proprio quando Cassano raggiunge i massimi livelli si rompe qualcosa nella sua testa e ritorna a fare il bambino non cresciuto. Si lamenta con Galliani ("Al Milan non ho sbagliato io, non hanno sbagliato i giocatori e nemmeno l'allenatore, ma qualcuno più in alto di lui. Qualcuno che faceva il furbo, che prometteva e non manteneva, qualcuno che faceva tanto fumo e poco arrosto") e vuole andare via ("Ma io per Allegri contavo come il due di coppe con briscola a bastoni. Per lui ero la quinta, sesta, settima punta, non so nemmeno io. Lui mi diceva che non poteva assicurarmi niente, e allora io me ne vado") nonostante al Milan gli abbiano salvato la vita calcistica e non, mandandolo persino agli Europei 2012 in Polonia/Ucraina, 6 mesi dopo l'operazione al cuore.
Sopra il Milan solo il cielo, ma poi arriva l'Inter ("Sopra il cielo c'è l'Inter") la sua squadra del cuore. Milan e Inter decidono per lo scambio Pazzini-Cassano, l'ex tandem della Sampdoria e Cassano rivede la luce ("Per me è molto importante questo momento, perché quando tifi per una squadra e poi ci arrivi vuol dire raggiungere il massimo"). Insomma una persona in contraddizione con se stessa, che non ha ben chiara l'astronomia. Oggi ci ritroviamo con l'ufficialità del suo passaggio al Parma per mezzo Belfodil, dopo solo una stagione in nerazzurro, che era il suo 'massimo'. Milan, cielo, Inter, Parma: questa è la sua ascesa alle stelle. Che spreco caro Fantantonio!

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