23 maggio 2013

Il calcio nella terra dei canguri

di Antonio Palazzo Ditaranto
Vi ricordate lo stratega/sciamano calcistico Guus Hiddink, commissario tecnico della Corea del Sud che eliminò in modo rocambolesco la nazionale italiana ai mondiali del 2002? Hiddink fu anche “C.T.” della nazionale Australiana che cercò di mettere in difficoltà (e ci riuscì benissimo) gli Azzurri al mondiale tedesco nel 2006, sfida poi decisa dal rigore contestato di Totti. Hiddink è stato il tramite per mettere i meno “calciofili” in contatto con la realtà calcistica australiana. Premetto che sino a fine agosto, quando Alessandro Del Piero decise il suo passaggio al Sydney FC, del calcio australiano ero praticamente a conoscenza soltanto per via di giocatori nati nel paese downunder come Aloisi della Cremonese, Bresciano del Palermo, Vince Grella del Parma e i famosi Kewell e Viduka che militarono in Premier League diversi anni fa.
Proprio Pinturicchio aprì a noi tutti, un mondo pallonaro ancora troppo sconosciuto, la A-League. Tutti i media sportivi italiani iniziarono a parlare del Soccer (e non Football come si direbbe in Europa) praticato in quel continente dall'altra parte del mondo, tramite servizi settimanali che fecero un po’ di luce sulla A-League. Ok, lo penso anche io, di certo non è minimamente paragonabile al calcio europeo, per qualità tecnica e tattica. E ciò ve lo posso dire con assoluta certezza in quanto da fine settembre 2012 vivo in Australia e, nella mia lunga sosta a Brisbane, ho avuto il piacere di assistere a Brisbane Roar – Sydney FC al Suncorp Stadium di Brisbane. Può sembrare che il calcio non sia seguito da queste parti, vista la presenza degli sport nazionali che fanno il ruolo da gigante come rugby e cricket, ma non è poi cosi vero. Gli aussies il calcio iniziano a seguirlo costantemente, complice anche la tv pubblica che trasmette rubriche su ciò che avviene ogni weekend calcistico nel vecchio continente.
Qui la “maledetta domenica” è vissuta come una festa. Lo stadio dei Roar, 52000 posti, viene preso d’assalto da famiglie al completo, armate di tutto punto con le maglie del team, in perfetto stile anglosassone. Nessuna barriera o recinzione all interno dello stadio, solo un enorme cartello che invita a non entrare nel campo di gioco, pena la sanzione di 8000$. Unica limitazione, la sigaretta. In Australia è un diktat, la legge contro il fumo è applicata in ogni luogo pubblico, dalle stazioni ferroviarie a interi condomini cittadini, a volte. Oltre tutto ciò, a me interessava una cosa, il match. Come già detto, non mi aspettavo una partita ricca di tatticismi o colpi di tecnica, e così fu infatti. Difese larghe e dai movimenti meccanici, centrocampisti che faticavano a impostare il gioco, e attaccanti di certo lontani anni luce dal senso del gol alla Inzaghi. Durante i 90 minuti non mancano però emozioni a ripetizione, il tutto supportato dalle organizzatissime tifoserie da entrambe le parti, che a suon di cori, tamburi e con lo sventolio di giganti bandiere, incitano i propri beniamini. Risultato finale 4-2 per il Brisbane (un risultato raro, in quanto mediamente la A-League non offre piu’ di due gol per match). Doppietta di Del Piero per il Sydney, tifosi degli skyblues contenti lo stesso. Al triplice fischio continua la festa. E’ d’obbligo per i giocatori di casa, ringraziare i tifosi con un giro di campo andando personalmente a stringere le mani ai fans accalcati al limite delle gradinate. Non sarà tecnico al massimo, ma almeno il calcio da queste parti è ancora una festa, al di là del risultato. Possiam dire lo stesso del nostro?

1 commento :

  1. Essere stato a quella partita con l'autore di questo articolo non ha prezzo!

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